
04 Sep Summer School AUSE 2024 – Genova Nervi, 4-7 Settembre 2024
Dal 4 al 7 settembre 2024 si è svolta presso il Collegio Emiliani a Genova Nervi la Summer School AUSE. L’evento, incentrato sul tema “Comunicare l’Europa. Costruire l’Europa”, è stato organizzato in collaborazione con il Dottorato di interesse nazionale in Studi Europei coordinato dall’Università degli Studi di Genova, che l’AUSE sostiene attivamente attraverso una serie di iniziative.
Ad inaugurare la Summer School, nella mattinata di giovedì 5 settembre, una sessione presieduta da Maria Eleonora Guasconi (Università di Genova, coordinatrice del DIN in Studi Europei) e dedicata alla comunicazione istituzionale della Comunità – poi Unione – europea. Tale forma di comunicazione nasce insieme alla Comunità stessa e nel corso di settant’anni ha saputo modificarsi in modo da raggiungere un numero sempre più ampio di cittadini, sfruttando con lungimiranza le opportunità fornite dai media e dal Web, in modo da favorire la trasparenza e stimolare la costruzione di una sfera pubblica europea, come ha spiegato Marinella Belluati (Università di Torino). In merito al secondo obiettivo, tuttavia, la comunicazione dell’UE ha mostrato alcuni evidenti limiti, come ha ben sottolineato Raffaella Cinquanta (Università di Pavia) nel suo intervento. Fra gli ostacoli, il poco spazio concesso agli elementi valoriali e simbolici, nonché una tendenza a “vendere” l’Europa solamente in alcuni momenti cruciali. Una strategia inefficace, come hanno mostrato ad esempio i referendum sulla Costituzione europea del 2004. Oltre che ai cittadini europei, la comunicazione istituzionale dell’Europa si è però rivolta anche all’esterno, come ha raccontato Giuliana Laschi (Università di Bologna – Campus di Forlì) nel suo intervento, incentrato sui primi vent’anni di vita della Comunità. In questo periodo, la comunicazione verso i Paesi extra-CE ha assunto il ruolo di una diplomazia informale e ha adottato temi e strategie diversi a seconda delle aree geografiche a cui si è rivolta e delle istituzioni che l’hanno prodotta. Anche l’intervento di Fabio Casini (Università di Bologna – Campus di Forlì) si è concentrato sui primi anni di vita della CEE, prendendo in esame in particolare l’Assemblea parlamentare e i dibattiti che al suo interno si sono prodotti in occasione di alcuni passaggi importanti – nell’ambito della comunicazione, ma anche della processo di integrazione più in generale – e che sono stati catalizzati da figure quali Jean Monnet, Jacques-René Rabier ed Enzo Giacchero.
Sempre nella mattinata del 5 settembre si è svolta una seconda sessione, presieduta dal Segretario generale dell’AUSE Francesco Velo (Università di Pavia), dal titolo “Voci e simboli per l’Europa e contro l’Europa”. Robert Belot (Université Jean Monnet Saint Etienne) ha incentrato il suo intervento sul ruolo assegnato alla cultura nella comunicazione del progetto europeo. Malgrado le difficoltà nel definire i connotati di una cultura europea, le istituzioni comunitarie hanno progressivamente enfatizzato il patrimonio culturale come elemento identitario, fino ad arrivare all’istituzione delle Giornate europee del patrimonio. L’intervento di Francesco Pierini (Università di Genova) ha preso in esame i discorsi annuali sullo stato dell’Unione tenuti dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen dal 2020 al 2023, mettendo in luce, attraverso gli strumenti dell’analisi linguistica, le tematiche che sono state al centro dell’attenzione negli ultimi anni, dalla Covid-19 e i vaccini al conflitto russo-ucraino. Infine, passando dalle forme più istituzionalizzate di comunicazione dell’Europa a quelle forse più inaspettate, Renzo Repetti (Università di Genova) ha mostrato come anche i giochi – nello specifico, i giochi da tavolo – possano diventare un veicolo per trasmettere i valori dell’integrazione europea, anche se nella realtà dei fatti questo tema è ben poco presente nel panorama dei giochi esistenti, salvo alcune interessanti eccezioni.
Nel pomeriggio, una terza sessione si è concentrata sul ruolo che hanno e hanno avuto nel comunicare (e al tempo stesso costruire) l’Europa le organizzazioni e i network. Dopo l’introduzione di Laura Carpaneto (Università di Genova), che presiedeva la sessione, Giulio Peroni (Università di Milano) ha dimostrato quanto significativi possano risultare gli effetti della comunicazione se a realizzarla è un’istituzione come la BCE, con la sua capacità di influenzare i mercati. Una capacità dimostrata in più di un’occasione nel corso degli ultimi due decenni, dal “whatever it takes” di Mario Draghi alla conferenza stampa di Christine Lagarde nel marzo 2020. Maria d’Arienzo (Università di Napoli Federico II) ha invece illustrato l’impegno – sancito dall’articolo 17 del TFUE – che l’UE ha assunto nel mantenere un dialogo “aperto, trasparente e regolare” con le chiese, le associazioni religiose e le organizzazioni filosofiche e non confessionali. Un dialogo che ha mostrato i suoi frutti, ad esempio, nell’elaborazione del recente AI Act. Un’altra forma di dialogo che ha portato a risultati positivi è stata anche quella esaminata da Fabio Zucca (Università dell’Insubria) nella sua relazione dedicata al ruolo svolto dal Consiglio dei Comuni d’Europa (i cui membri sono spesso divenuti uomini cardine delle istituzioni europee), fin dalla sua fondazione nel 1951, nel sostenere il progetto di integrazione europea e, in particolare, l’elezione diretta del Parlamento europeo.
Nella mattinata di venerdì 6 settembre ha avuto luogo una ricca sessione dedicata a “Cultura e media” nella comunicazione dell’Europa. Ad aprire la discussione, presieduta da Daniela Preda (Università di Genova), è stata Anne Bruch (Archivi storici dell’Unione europea). Ricorrendo ad una nutrita documentazione raccolta nella Advertising Europe Film Collection, la sua relazione ha illustrato come diversi attori, nei primi due decenni di vita della Comunità, siano ricorsi ai prodotti audiovisivi per promuovere il progetto di un’Europa unita. A sottolineare il grande interesse che questi prodotti rivestono nella ricostruzione della storia dell’integrazione europea è stata anche la relazione di Guido Levi (Università di Genova). Essa si è incentrata in particolare sugli anni Cinquanta e ha preso in considerazione non soltanto il materiale esplicitamente propagandistico prodotto dalle istituzioni comunitarie, dai governi nazionali o dai movimenti, ma anche opere di fiction contenenti messaggi a sostegno dell’ideale europeo, così come altre in cui l’integrazione europea appare piuttosto inaspettatamente. Marco Stolfo (Università di Torino), nella sua relazione su “La radio e l’Europa, l’Europa alla radio, la radio per l’Europa”, ha ricostruito le diverse modalità in cui il progetto di un’Europa unita è stato diffuso attraverso l’etere, partendo dalla fondazione dell’Unione europea di radiodiffusione nel 1950 e passando poi per programmi quali Caffè Europa e TGR RegionEuropa, nonché progetti privati svolti in collaborazione con le istituzioni dell’UE. Altri media sono stati poi presi in considerazione nella seconda parte della sessione, presieduta da Francesco Gui (Coordinatore Rete “L’Università per l’Europa”). Etienne Deschamps (Archives du Parlement Européen, Lussemburgo) ha raccontato l’esperienza di EuroparlTV, emittente televisiva sviluppata dal Parlamento europeo in vista delle elezioni politiche del 2009 per raccontare ai cittadini europei la propria attività, divenuta sempre più incisiva, ma molto poco conosciuta. L’iniziativa fu oggetto di forti dibattiti, ma fu soprattutto la scarsa efficacia del progetto (in proporzione alle risorse investite) che segnò la fine di questo esperimento nel 2017. Giorgio Grimaldi (Università degli Studi Link) si è invece concentrato sulla musica, ricostruendo le diverse narrazioni sull’Europa che è possibile rintracciare nella musica popolare, ma allargando lo sguardo anche ad altri aspetti, come ad esempio la scelta di composizioni classiche come inni europei (dall’Eurovisione alla UEFA) o gli investimenti dell’UE a sostegno della produzione musicale. Infine, l’intervento di Luca Barbaini (Università di Genova) si è concentrato sulla comunicazione dell’Europa nella stampa, con un focus specifico sul Corriere della Sera e sui dibattiti riguardanti la Convenzione europea. Durante questi dibattiti, tra 2001 e 2003, si verificò infatti un’evoluzione importante nel racconto giornalistico, con i temi prettamente nazionali che lasciarono spazio ad un’analisi più approfondita delle tematiche europee.
La quinta sessione, dal titolo “L’Europa fra storia e memoria”, anch’essa divisa in due parti, si è svolta nel pomeriggio di venerdì. A presiedere la prima parte è stata Daniela Felisini (Università di Roma Tor Vergata), Presidente dell’AUSE. Constanze Itzel, Direttrice della Casa della Storia europea, ha illustrato le origini e lo sviluppo di questa istituzione museale, presentato la struttura del museo, la sua estensione virtuale sul Web e i progetti svolti, evidenziando, al tempo stesso, le difficoltà concettuali nel definire quale Europa raccontare, e in quale modo. Leslie Nancy Hernández Nova, coordinatrice del Programma educativo degli Archivi storici dell’UE-EUI, ha illustrato le attività svolte nell’ambito di tale programma, pensate per coinvolgere le generazioni più giovani di cittadini europei attraverso l’uso degli archivi stessi, con l’obiettivo di far esprimere loro il proprio senso di appartenenza all’Europa, con testimonianze che diventano a loro volta archivio. Un altro progetto educativo, per i più giovani ma non solo, è quello illustrato da Alberto Baffigi (Banca d’Italia, Roma), ossia la mostra “L’avventura della moneta” organizzata dalla Banca d’Italia tra il 2023 e il 2024 come anticipazione del futuro Museo della Moneta. Una forma di divulgazione scientifica nel cui racconto, tra storia e memoria, trova ampio spazio anche l’Europa. A chiusura della prima parte, Hervé Moritz (Université de Strasbourg) ha ricostruito come il coccodrillo, animale scelto come simbolo dal gruppo di parlamentari europei riunitosi nel 1980, sia stato sempre più utilizzato e citato, dal gruppo stesso e dalla stampa, fino a diventare un vero e proprio “animale totem” dei federalisti europei. La seconda parte della sessione, presieduta da Claudio Cressati (Università di Udine), si è aperta con la relazione di Lucio Valent dedicata alla figura di Margaret Thatcher e all’immagine dell’UE che la Lady di ferro ha veicolato nei suoi discorsi successivi al termine dell’incarico come Primo ministro (1990), fino ai primi anni del Duemila. Un’immagine fortemente critica dell’Europa di Maastricht – troppo indirizzata, a suo dire, verso il federalismo –, rispetto alla quale il Regno Unito avrebbe dovuto mantenere una posizione quanto più autonoma possibile. A concludere la sessione, e la Summer School, due interventi strettamente legati tra loro dal punto di vista della tematica trattata, ossia la disinformazione. L’argomento è stato esaminato secondo un punto di vista giuridico da Maria Romana Allegri (Università “La Sapienza” di Roma), che nella sua relazione ha descritto le misure legislative adottate dalle istituzioni europee per contrastare la disinformazione, nell’idea che essa non rappresenti soltanto un pericolo per la democrazia europea, ma una vera e propria questione di sicurezza internazionale, soprattutto in seguito all’acuirsi del contrasto con la Russia a partire dal 2014. Lara Piccardo (Università di Genova), invece, ha illustrato l’articolato spettro degli “information disorders”, concentrandosi in particolar modo sulle fake news. Di queste ha descritto le modalità di diffusione sul Web e sui social media, nonché gli effetti: da banali equivoci, nel migliore dei casi, a una vera e propria distorsione del processo democratico.